La storia di Poggiofiorito

 


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  Il nome Poggiofiorito al nostro paese fu dato nel 1911 dal Consiglio Comunale di Villarielli (così si chiamava la nostra cittadina), su suggerimento del Generale Tommaso Di Martino, poeta, patriota e studioso che leggendo vecchi testi scritti in spagnolo del 1500 trovati negli archivi Borbonici ” Regno di Napoli “ in cui era descritta tutta la zona del ducato del Barone Vincenzo Crognale, che comprendeva tutta la zona di Arielli e Poggiofiorito, nei quali si faceva riferimento alla Fonte del Pojio che sorgeva e sorge tuttora sul lato destro del tratturo che attraversa il nostro Paese, fonte che si collegava con canali e grotte sotterranee fino al centro dello stesso, dove sorgeva un convento, ora Fonte Santa Maria. Cosi’ da Pojio nasce l’idea di chiamare il nostro Paese : Poggio, ma vista la bellezza del posto, la ricchezza di piante e fiori che ornavano le case ed i balconi aggiunse Fiorito a Poggio cosi’ nacque il nome attuale di Poggiofiorito che nel 1400 si chiamava Casale (piccolo gruppo di case) poi, Villanova (nuova villa) ed infine Villarielli  che era Comune come risulta da vecchi registri sin dal 1760. Ma prima di raccontare la storia più recente di Poggiofiorito vorrei tornare alla origini del paese che sorge ai lati del tratturo (tractorium) che al tempo dei romani era una via naturale da loro usata, che collegava Roma alla Puglia ed alla Calabria quindi all’Adriatico, per le loro partenze verso l’oriente. In seguito abitualmente usata come pista erbosa dai pastori, per i periodici spostamenti delle greggi per lo sverno, e che costituiva il loro naturale passaggio, dall’Abruzzo Aquilano e dal Sannitico fino alla Calabria.
    La zona tratturale, a 500 metri dell’attuale Paese di Poggiofiorito,era ed è ricchissima di acqua sorgiva che sgorgava dal terreno naturalmente, e considerato sia l’ampiezza del posto che la comodità del terreno quasi piano,solo leggermente in ascesa,I Romani che vi transitavano, come sopra descritto, hanno pensato di costruivi una immensa stazione dove si potevano riposare ed eventualmente cambiare i cavalli stanchi per la fatica, e poi ripartivano per il loro cammino: da e verso Roma .
Naturalmente questa “STATIO” era custodita e quindi abitata da centinaia di soldati Romani, che in seguito, hanno portato anche le loro famiglie.
Quindi per svariati decenni e fino alla caduta dell’Impero Romano fu da loro abitata.
La Statio sorgeva nei pressi della Fonte Santa Maria e le mura che la recingevano erano lunghe per 2/3 Km e larghe quasi due metri , si ergevano ancora sul terreno fino ai primi del 1900, come ricordano alcuni anziani del paese, e tuttora si trovano a circa un metro di profondità, come constatato, mentre si facevano scavi per acquedotto e fognatura recentemente.
Sono state trovate all’interno di queste mura centinaia di tombe ed all’interno le ossa dei militari sepolti con le loro daghe e vicino a loro, anfore e monili, che i Contadini trovavano mentre facevano le arature del terreno per l’impianto di nuovi vigneti, e che regolarmente non facevano presente alle autorità per paura della sospensione dei Lavori; le anfore venivano distrutte e reinterrate, e solo qualche piccolo oggetto venne custodito in casa , che in seguito, sono stati donati Al Museo di Crecchio. Tuttora esistono delle gallerie sotterranee, in parte franate, che servivano sia per lo scolo delle acque (fogne) e forse anche per il passaggio degli uomini. Probabilmente La Sovrintendenza alla Belle Arti forse,non è stata mai informata di questa ricchezza Archeologica, perché non è mai intervenuta per fare delle ricerche nel sottosuolo del nostro Paese.
    Finita quindi la dominazione Romana, dopo anni questa Statio divenne, a detta di antichi racconti tramandati da padre in figlio, un monastero che accolse per una decina di secoli monaci provenienti da ogni paese del regno e che purtroppo non hanno lasciato nessun documento scritto ne le loro Opere, poi in seguito ad una pestilenza, lasciarono il monastero e si recarono in altri Monasteri probabilmente più accoglienti e salubri della zona: Penne Orsogna etc. Una volta abbandonata questa vecchia Statio ( monastero) divenne luogo di ritrovo di fuggiaschi e perseguitati politici e ladri che la usarono come nascondiglio e eventuale deposito di refurtiva, i quali probabilmente distrussero i vari scritti che ivi trovarono.
E sicuramente rubarono tutto quello che ora ci avrebbe fatto conoscere meglio la storia di questa STATIO – Monastero - Rifugio.
Poi piano piano, con il passare del tempo, le mura vennero distrutte da immigrati che prendevano le pietre, per costruire le loro case, gente che veniva da regioni limitrofe: Marche Puglia ecc.
    Qui ora comincia LA STORIA del nostro Paese, non più come leggenda tramandata oralmente da padre in figlio, ma con scritture trovate come in seguito vi illustreremo:
“Poggiofiorito ed Arielli hanno una storia in comune visto la distanza che separa i due Comuni, ed i loro territori anticamente appartenevano ad un solo Padrone. Nel 1200 ad Arielli vicino ed intorno al castello del barone Vincenzo Crognale, si costruirono un nucleo di case coloniche che prese il nome di Arielli con la chiesa di San Nicola e casa parrocchiale. Il Barone Crognale, oltre al feudo di Arielli, aveva terreni molto estesi nella parte orientale della sua contea e per renderli più fertili e produttivi invitò alcuni contadini a coltivarli.  I possedimenti erano numerosi ed i pochi contadini che presero a coltivare quelle terre incolte della parte orientale del Feudo, sentirono il bisogno di costruirsi ricoveri per le loro abitazioni e quindi scelsero una località lontana dal Castello circa 1800 metri proprio quella dov’è l’attuale Poggiofiorito.
Questo primo gruppo di case sorte intorno al 1400 prese il nome di Casale, poi Villanova , poi Villarielli ed infine nel 1911 Poggiofiorito.
    Alla fine del 1400 ed all’inizio del 1500 i territori di Casale vennero occupati da nuovi coloni immigrati, ed anche da rifugiati politici e predoni, pirati, i quali si nascondevano nella fitta vegetazione di querce, faggi che nascevano spontaneamente sui terreni incolti da secoli e usarono il vecchio Monastero-Statio sia come deposito per la refurtiva, che come alloggio.
Gli abitanti di questo piccolo centro (Casale) dovevano rivolgersi per la parte ecclesiastica al parroco della vicina Arielli, ma nel 1584 decisero di costruirsi una chiesa che fu dedicata a San Matteo Apostolo.
Col tempo venne ancora qualche colono, visto la ricchezza e bellezza del territorio, vi rimasero e costruirono nuove abitazioni e da Casale, piccolo gruppo di case, prese il nome di Villanova. Nel 1752 Villanova contava di 345 anime distribuite in 41 famiglie ora Poggiofiorito conta 1045 abitanti.
Il Popolo, molto religioso richiese di ottenere un parroco fisso e non un sacerdote che si recasse in paese solo la domenica per celebrare la Messa e dopo varie insistenze l’ottenne.
    Poi nel 1770 venne costituito il Comune che prese il nome di Villarielli, probabilmente perchè la maggior parte degli abitanti discendeva dai primi coloni venuti da Arielli, insediatesi intorno al1400/ 1500 a Casale.
L’attività prevalente era il lavoro dei campi e l’allevamento del bestiame ma sul territorio di Villarielli sorsero anche due mulini ad acqua naturalmente, tutti in contrada Fonte del poggio, e Fonte Santa Maria, e due fornaci, una in contrada Cotrone ed una in contrada Calcare, tracce visibili anche oggi.
Tra le Comunità di Arielli e Villarielli ci sono sempre stati contrasti litigi e campanilismi e qualsiasi occasione veniva presa per nuovi litigi fino ad arrivare agli anni 1910-11 le carrozze e la diligenza che permetteva di viaggiare solo a poche persone fu sostituita dalla ferrovia, ma il trenino non passava per Villarielli.
Come prevedeva l’iniziale progetto, redatto dall’Ingegnere Camillo Dell’Arciprete di Arielli, e fu sostituito con frode ed inganno, come dicevano allora gli abitanti di Villarielli, e la stazione e quindi la ferrovia fu spostata vicino al centro abitato di Arielli, dietro le pressioni di alcuni Contabili di questo Comune i quali si rivolsero agli enti preposti alla costruzione della ferrovia, ed al Ministero Tedesco che aveva collaborato alla progettazione della stessa.
   Fra i due Paesi si riaccesero così odi asti, rivalità sentite ancora oggi, e Villarielli allora per staccarsi completamente dalla “odiata” vicina Arielli volle cambiare anche il nome al proprio Paese. Il Consiglio Comunale si riunì e fece domanda al Governo del Re di cambiare nome al Paese e in data 31 luglio 1911 con Regio Decreto a firma del Re Vittorio Emanuele II, si chiamò  "POGGIOFIORITO,, nome suggerito dal Generale Tommaso Di Martino poeta e patriota, che come detto all’inizio di questa storia, trovò citata in alcuni scritti in spagnolo, del 1500 la fonte del Pojio (Poggio), fonte ancora esistente, e visto la bellezza della case ornate di piante e i balconi pieni di fiori, scelse di chiamare il nostro Paese: Poggiofiorito .
    Dopo poco tempo, tuttavia, l’avvenuta controversia per la ferrovia si risolse a favore di Poggiofiorito, il Ministero tedesco, dietro pressione dei cittadini e del Comune, concesse una fermata facoltativa anche al nuovo Paese, che in seguito divenne fermata regolare del treno e fù costruita una nuova stazione molto più vicina e comoda agli abitanti di Poggiofiorito.
Al Plebiscito del 1860, su 198 iscritti, 110 elettori parteciparono al voto e si dichiararono tutti favorevoli all’annessione al REGNO D’ITALIA.
Nel 1861 gli abitanti erano 758 unità.
Quasi completamente distrutto dalla seconda Guerra Mondiale, Poggiofiorito, come in tutta la zona, si è venuta a trovare lungo la linea del fronte, i bombardamenti hanno causato lutti e distruzioni, ma il Paese è risorto ancora più bello di prima, grazie all’umiltà ed al carattere ferreo ed a quell’ abnegazione che ne caratterizzano i suoi abitanti ed amministratori succedutesi nel tempo, è di esempio ai Paesi limitrofi.
“Queste è Poggefuirite, la feste di la vite..” dicono i versi che Cesare De Titta, grande poeta dialettale Abruzzese e latinologo di fama internazionale, dedicò a Poggiofiorito ed alla sua uva,nel lontano 1932,dove già da qualche anno vi si svolgeva il festival della canzone dell’uva, versi musicati dal Maestro Antonio Di Iorio, con il titolo La canzone dell’uve.
    Al Referendum Istituzionale del 2 giugno 1946 i voti per la Repubblica furono 589, quelle per la Monarchia 165, le schede bianche 22, i voti non validi 36.
Nel 1951 gli abitanti erano 1384 e moltissimi in questo periodo furono gli emigranti per Le Americhe, per l’Australia, Francia, Germania ecc, per guadagnare e mettersi da parte qualche soldo per ricostruirsi una casa distrutta dalla guerra, molti tornarono, ma altri preferirono stabilirsi nei luoghi di espatrio dove si erano formati anche una famiglia. Ora Poggiofiorito conta 1045 abitanti, l’attività principale è l’agricoltura.
Le colture prevalenti sono quelle dell’uva, dell’ulivo. L’estensione del territorio Comunale è di 995 ettari ed il Paese è poggiata su una collina a 293 mt s.l.m. Confina con i Comuni di Orsogna, Arielli , Crecchio, Frisa e Lanciano al cui confine scorre il Fiume Moro (torrente), tanto citato nei libri di storia, per aver fermato l’avanzata degli Alleati durante la guerra 43/45, a causa della acque tumultuose che ne impediva il passaggio ai carri armati ed alla truppa.

 
 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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